ARTISTA DEL MESE: Perfume Genius

Pop Conference 2017 - Mike Hadreas (Perfume Genius) 02

Per parlare dell’artista che abbiamo scelto per questo mese, Perfume Genius, non si può non partire dalla sua sessualità.

Non si tratta di pruderie o di scandalismo a scapito del contenuto musicale, anzi è esattamente il contrario: non è un’esagerazione dire che si tratta di un’artista che sulla sua omosessualità ha costruito interamente la sua poetica musicale, in un modo totalizzante che non ha precedenti nemmeno in tempi recenti, dopo lo sdoganamento completo e liberatorio degli anni zero e la piccola, conseguente rivoluzione avvenuta nel rock (ne abbiamo lungamente parlato in un numero della nostra rubrica LoSapevi dal titolo:  “Pride! Pride! Pride!” 

La sua è un’omosessualità esibita, sfacciata, che sembra al centro di ogni suo brano a partire dai titoli (“I’m a mother”, “Queen”, “Other Side”, “Put your Back N2 it”, “Gay Angels”) per prorompere poi incontenibile nei testi, nel timbro vocale impostato su un falsetto spesso implorante e strascicato, nei coretti angelici, negli arrangiamenti barocchi, ed in video al limite del peep show.

Una scelta del genere è certamente un limite, perché rischia di confinare Perfume Genius negli stretti panni di artista di maniera.

Ma è anche il suo punto di forza: è lo schermo attraverso cui l’artista riesce a offrirsi completamente al pubblico, è una scelta di essere senza mediazioni, nudo ed esibito nella propria vulnerabilità.

E’ una scelta che, al di là delle inclinazioni sessuali di ciascuno, genera nell’ascoltatore un’empatia profonda: Perfume Genius riesce nel piccolo capolavoro di equilibrio di schermarsi eppure mostrarsi senza filtri.

Ha scelto questo lato prorompente e centrale della sua personalità – o forse sarebbe meglio dire che questo lato della sua personalità si è impadronito di lui assorbendolo completamente – riuscendo miracolosamente a portare l’attenzione sui contenuti musicali e su ciò che ha da dire.

Perché è evidente che in lui musica e vita sono un tutt’uno, che l’artista non esiste senza l’uomo e che siamo di fronte ad un artista vero.

E allora non ha senso parlare di quanto la sua musica è influenzata dalla sua omosessualità, non più di quanto lo abbia parlare di quanto sia influenzato dall’essere americano, bianco o nato negli anni ottanta.

Possiamo solo ringraziare le circostanze che ci hanno donato, ed è un altro regalo che la musica ci fa più spesso di quanto ci accorgiamo, un artista che ha talento nel mettere in scienza i propri drammi esistenziali e trasfigurarli in arte.

Le sue influenze: una drammaticità che non può non ricordare Antony, un senso dello spettacolo che riporta a Rufus Wainwright, anche come impostazione vocale, ma anche soul e black music: Prince (nell’uso dei coretti e dell’elettronica), George Michael, e soprattutto James Blake. Oltre ad un’attitudine glam che rimanda al grande David Bowie.

Di suo, Mike Hadreas (questo il suo vero nome) ci mette un gusto particolare per gli arrangiamenti e per frasi musicali lanciate a profusione tra le linee melodiche principali e non sviluppate (l’inizio e il finale di Slip away”, diversi tra loro e quasi distonici con il resto del brano:  certe idee lasciate in sospeso ed in sottofondo in “Go Ahead”) sono indubbi sinotmi di una creatività che fatica ad essere contenuta e rende ogni suo brano una piccola scoperta.

Sentirlo è spiazzante: ammalia e disturba, ma cattura l’attenzione come pochi artisti riescono a fare. L’ultimo album, “No Shape”, uscito a maggio, sembra destinato a imporsi come uno dei migliori dell’anno.

Il brano di punta è “Die 4 you” ( a proposito, l’uso dei numeri al posto delle parole è una citazione proprio di Prince, che ai suoi tempi ne abusava nei suoi dischi, fino a sembrare che scrivesse canzoni per fare giochi di parole e non viceversa), che è stata definita da qualche critico entusiasta tra le più belle canzoni d’amore degli ultimi 15 anni. Io forse non arriverei a tanto, ma è fuori di dubbio che si tratta di un brano bello e intrigante, intriso di una malinconia struggente fino all’inverosimile.

Si percepisce come l’esistenza di una corda tesa sin quasi a spezzarsi, che viaggia sulle note del falsetto del cantante e dà un’idea di vulnerabilità quasi insopportabile.

Parole banali, le parole d’amore che tutti abbiamo detto (o avremmo proprio dovuto farlo) assumono una valenza drammatica nel sussurro quasi implorante del nostro eroe (unico neo: era proprio necessario doppiare il suo cantato con una voce bassissima che sembra presa da uno dei video da incubo degli Imagination dei tempi d’oro della disco gay music? Purtroppo, con particolari come questi, è facile scivolare in una inconsapevole auto-caricatura).

L’effetto di sospensione della parte iniziale del brano, su cui si lancia Hadreas con il ritornello, il cambio improvviso di linea melodica che arriva in pieno volto come uno schiaffo: sembra l’apertura di una quinta teatrale e sembra di entrare nella parte più intima dell’anima dell’autore.

L’effetto è ancora più imponente e spiazzante se si guarda il video che accompagna il brano: Perfume Genius è solo sul palco di un teatro senza spettatori, e canta con movenze esageratamente e spudoratamente sessuali, un’esibizione impudica e tristissima.

Il suo volto è immobile, le sue movenze sembrano quelle di un pupazzo: è una sorta di burattino ipercaricato sessualmente, una marionetta travestita da drag queen e naturalmente truccatissima, con paillettes e pantaloni pieni di brillantini.

Eppure funziona: è una perfetta metafora, anche se barocca alla sua maniera, di quanto le passioni non sono dominabili, di quanto ciascuno deve andare dove lo porta il cuore e non ha alcuna scelta, di quanto di fronte alla forza dei sentimenti siamo tutti burattini.

Unica, inquietante presenza in questa scena spoglia e caricatissima, una sorta di scultura vivente, un aggrovigliata massa di muscoli maschili che evoca con forza indubbia ed inequivoca il desiderio maschile nei confronti del proprio sesso, quasi idealizzato in forma onirica: a quest’essere mostruoso e inquietante Mike rivolge i suoi ammiccamenti e suoi sculettamenti, metafora di un desiderio che è rivolto alla fisicità in quanto tale e non ad una persona determinata.

Il video è di impatto fortissimo e, quali che siano i vostri gusti; in chioda alla sedia e arriva come un pugno in pieno volto. Ok, siete pronti? Eccolo in tutto il suo splendore.

Si siete ripresi dall’impatto, e ne volete ancora, ecco il nostro eroe dal vivo, tutto rossetto e movenze, portare “Queen” nel “salotto buono” della TV americana (Perfume Genius – Queen , TV debut on The Late Show With David Letterman).

Il rovescio della medaglia: per mandare un messaggio così forte, la musica deve essere sempre all’altezza, deve essere in grado di portare le note al centro dell’attenzione, altrimenti la forma si mangia il contenuto, e si finisce a pensare alle creazioni dell’artista come modi di portare in scena i propri personalissimi tormenti esistenziali senza provare alcuna empatia.

E’ quanto accade ad esempio in “Hood”, dove assistiamo con non molto interesse a dei primi piani di Mike in compagnia di un nerboruto compagno a torso nudo che lo pettina, lo cinge con bicipiti esagerati, lo trucca e gli mette il rossetto, mentre in sottofondo scorre un brano senza pretese.

Ecco, se c’è un limite alla proposta di Perfume Genius è proprio questo: più di quanto accade ad altri, egli è condannato a fare sfoggio del suo talento musicale e a non cercare mai soluzioni banali, per evitare di essere fagocitato dal suo stesso personaggio, così ingombrante e difficile da gestire… ma forse è così che lui vuole: vivere se stesso oltre ogni limite, e al diavolo equilibrio e persino contenuto.

Essere il re (la regina?) dei colori, il leader indiscusso dell’apparenza: il Genio del Profumo.